sabato 26 maggio 2012

Rilancio l'articolo del Gazzettino.it:


Veneto Agricoltura addio. Dopo quindici anni di vita, il braccio operativo della Regione nel settore primario viene chiuso: l’azienda amministrata da Paolo Pizzolato e diretta da Giorgio Bonet sarà soppressa e messa in liquidazione, le società e i rami d’azienda ceduti, il patrimonio venduto. Solo i posti di lavoro saranno salvaguardati.
Al suo posto ci sarà una nuova struttura: più snella, meno costosa, volta all’innovazione e alla ricerca in agricoltura. Con un occhio di riguardo ai giovani. Si chiamerà "Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario" e a Palazzo Balbi costerà la metà esatta di Veneto Agricoltura: 7 milioni contro gli attuali 14 milioni (di cui oltre 11 solo per pagare il personale). Anche perché la nuova agenzia avrà un solo "capo": un presidente e basta.
È la riforma presentata dall’assessore regionale Franco Manzato prima in giunta e poi al "tavolo verde" delle associazioni di categoria, su cui, trattandosi di un disegno di legge, dovrà pronunciarsi il consiglio regionale.«Due anni fa - dice Manzato - appena insediata la giunta, presentai una serie di obiettivi: semplificazione amministrativa, strumenti finanziari, riforma degli ispettorati agrari, tutta la partita di Avepa, l’informazione. Con la chiusura di Veneto Agricoltura e la nascita dell’Agenzia - che sarà soprattutto per i giovani, eliminerà i doppioni, taglierà la burocrazia - il processo riformatore si completa».
Il riordino di Veneto Agricoltura è stato fissato nella Finanziaria 2012: Manzato aveva 60 giorni per presentare un disegno di legge e non li ha neanche impiegati tutti. L’altra mattina, in giunta, il testo è passato in "prima lettura". Adesso sarà adottato e poi andrà al Ferro Fini per l’esame in commissione e quindi il voto in aula. La riforma è articolata in due parti: la soppressione di Veneto Agricoltura e l’istituzione dell’Agenzia che dovrà operare "nei settori della ricerca applicata e della sperimentazione finalizzate al collaudo e alla diffusione in ambito regionale delle innovazioni tecnologiche e organizzative volte a migliorare la competitività delle imprese e la sostenibilità ambientale nei comparti agricolo, agroalimentare e forestale, considerati strategici nella politica agricola comunitaria 2020".
Una volta approvata la legge, sarà nominato un commissario liquidatore che "chiuderà" Veneto Agricoltura. La maggior parte del personale (si parla di almeno una cinquantina di addetti) passerà alle dipendenze della Regione stessa - e Manzato, già la prossima settimana, ha in calendario un incontro con i sindacati per spiegare che «i posti di lavoro saranno salvaguardati».
La vendita delle società e dei rami d’azienda comporterà in prospettiva un risparmio di spesa corrente di 3 milioni di euro all’anno. Sul capitolo degli investimenti, invece, la "cessione" della galassia che ruota attorno a Veneto Agricoltura dovrebbe comportare un gettito sui 20 milioni di euro.
Stiamo parlando di Intermizoo spa, Csqa Certificazioni, Bioagro srl (e non è detto che il processo di liquidazione avvenga facilmente. Giorgio Piazza, presidente di Coldiretti, avverte: «Csqa è una nostra eccellenza, sarebbe un peccato darlo a una multinazionale»). Poi ci sono tutte le proprietà di Veneto Agricoltura, un patrimonio di circa 270 beni «da valorizzare». Gli immobili non più funzionali saranno venduti. Risultato: dal 2012, stando alla riforma di Manzato, la Regione non sborserà più 14 milioni per far funzionare Veneto Agricoltura. Al suo posto ci sarà l’Agenzia. E costerà, per il funzionamento, 7 milioni. La metà.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Io capisco che i dipendenti pubblici di Veneto agricoltura hanno famiglia e bambini e che alcuni di loro hanno una età per cui è molto difficile trovare un nuovo posto di lavoro.

Però vorrei discutere con voi sul posto fisso statale: chi lo paga? Noi cittadini.

In questo caso si tratta di più di 50 dipendenti pubblici con famiglia che presumibilmente costeranno 4000 euro al mese lordi o 50 mila euro all'anno e complessivamente 2.5 milioni di euro all'anno.

Se ci aggiungiamo i dirigenti che saranno sicuramente ben pagati e che anche loro tengono famiglia e dei quali la politica non si scorderà allora vediamo che metà del risparmio (7 milioni di euro è il risparmio), non sarà tale.

Ha senso non licenziare i dipendenti pubblici che non servono e aumentare continuamente la spesa pubblica con dipendenti "inutili", con prepensionamenti.

Io penso che il licenziamento debba essere possibile anche nella Pubblica Amministrazione e non solo nel privato.

Riporto alcuni dati:
"l'anno scorso l'Italia ha speso 171 miliardi di euro per stipendi nella PA, pari al 21,6% rispetto alla Spesa pubblica"

La Spesa pubblica è pari a circa 800 miliardi di euro all'anno.

Certo ci sono gli stipendi d'oro, ci sono gli sprechi e ci sono le tangenti ma il posto fisso a vita lo paghiamo anche noi cittadini legnaresi.

171 miliardi di euro in stipendi sono tanti, per dire in dieci anni si ripaga il debito pubblico che ci sta facendo fallire.

Ciao, Sandro.