giovedì 28 luglio 2011

I ladri e i.....

Scambi, tangenti, favori: da destra a sinistra la questione morale si impone ad ogni piè sospinto. E a Legnaro? Tutto ok?
Vedremo....



Da ilfattoquotidiano.it un articolo di Marco Travaglio.

I ladri e i Penati/2
D’Alema, Veltroni, Bindi, Letta (Enrico), Gentiloni, Parisi, Sircana. Tutti, nel Pd, parlano dell’ennesima questione morale nel partito. Tutti tranne il segretario Bersani. E dire che era stato lui, due anni fa, a nominare capo della sua segreteria Filippo Penati. Noi attendiamo a pie’ fermo che risponda alle nostre domande sullo scandalo Penati, le stesse che turbano migliaia di iscritti ed elettori. Ma non vorremmo che le risposte somigliassero ai pistolotti generici, ai segnali di fumo a costo zero che in questi casi si lanciano sui giornali amici per lavarsi la coscienza e sperare che passi ‘a nuttata, senz’assumersi alcuna responsabilità né far seguire alle parole qualche fatto concreto.

Sircana invoca un non meglio precisato “check-up morale”: sbagliamo, o è lo stesso Sircana che nel giugno 2006, quand’era portavoce del secondo governo Prodi, ottenne dalla giunta provinciale di Milano presieduta da Penati per la sua “Sircana & partners Srl” 60 mila euro per “il servizio di ricerca, ideazione e sviluppo del progetto Festival della città metropolitana” (come se nessuno dei 2500 dipendenti della Provincia fosse in grado di occuparsene)?

Anche Letta e Gentiloni pontificano con parole altisonanti: ma perché non chiedono al segretario Bersani di spiegare i suoi rapporti con Penati e il gruppo Gavio? Non c’è bisogno di “attendere le sentenze”: bastano e avanzano i fatti fin qui noti. Nel 1998 Bruno Binasco, braccio destro del re delle autostrade Marcellino Gavio, viene condannato in Cassazione per aver finanziato illegalmente il Pds tramite Primo Greganti (pure lui condannato): tangente di 150 milioni di lire camuffata da caparra per il finto acquisto di un immobile dell’ex Pci. In un partito normale, ammesso e non concesso che si debbano avere rapporti con un costruttore quand’è incensurato, dal momento in cui diventa un pregiudicato non bisognerebbe più sfiorarlo con una canna da pesca. Invece – perseverare diabolicum – i rapporti fra gli ex comunisti e il gruppo Gavio continuano imperterriti. E ai massimi livelli. Nel 2005 Penati, appena eletto presidente della Provincia, acquista da Gavio e Binasco il 15% delle azioni dell’autostrada Milano-Serravalle, arrivando a controllarne il 53%. Un acquisto inutile, visto che il pacchetto di maggioranza era già nelle sue mani. Ma anche un salasso per i contribuenti e un regalo al privato: Penati fa spendere alla Provincia 238 milioni di euro, pagando 8,93 euro le azioni che un anno e mezzo prima Gavio aveva pagato 2,9. Così il costruttore realizza una plusvalenza di 176 milioni. E subito dopo ne investe 50 per sostenere la scalata dell’Unipol di Consorte a Bnl, acquistando lo 0,5% della banca. L’allora sindaco Gabriele Albertini denuncia lo scambio. Intercettato dai magistrati, Binasco parla con Gavio dell’affare già nell’estate del 2004: “Il problema non è Penati, con lui un accordo lo si trova. Il vero problema è Albertini”. A quel punto interviene Bersani: il 30 giugno 2004 – annota la polizia giudiziaria – “Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati… Dice a Gavio di cercarlo per incontrarsi in modo riservato: ora fermiamo tutto e vedrà che tra una decina di giorni, quando vi vedrete, troverete un modo…”. Il 5 luglio Penati chiama Gavio: “Buongiorno, mi ha dato il suo numero l’on. Bersani”. Gavio: “Sì, volevo fare due chiacchiere con lei quando possibile”. Penati: “Guardi, non so… Beviamo un caffè”. I due s’incontrano in segreto, come suggeriva Bersani: non nella sede della Provincia, ma in un hotel romano. Affare fatto. Per Gavio e Binasco, naturalmente, che poi si sdebitano con Unipol.

E nel 2008, secondo l’accusa della Procura di Monza, Binasco concorda una stecca di 2 milioni di euro per Penati, camuffata da caparra per un finto acquisto immobiliare (come ai tempi di Greganti) e giunta a destinazione nel 2010 (quando Penati è capo della segretaria di Bersani). Davvero per Bersani queste sono “storie vecchie”? Davvero non ha nulla da dichiarare?

lunedì 25 luglio 2011

Tagli all'asilo S.Antonio di Legnaro

Ricevo e pubblico:

TAGLIATI CONTRIBUTI DI 30.000 EURO
ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA PARITARIA PARROCCHIALE

Con l’approvazione del bilancio 2011 l’Amministrazione Comunale di Legnaro ha tagliato il contributo alla Scuola dell’Infanzia paritaria locale di 30.000 Euro con la motivazione: mancanza di fondi.
E’ proprio vero? O forse è una occasione per far emergere l’anima ideologica socialista, fortemente maggioritaria, presente sotto traccia, nella Amministrazione Comunale legnarese?
Una mazzata di questa portata alla Scuola paritaria della Parrocchia vuol dire farla chiudere e mettere in difficoltà 200 famiglie del Comune. I figli, la famiglia sono il “tesoro” di una comunità. Una Amministrazione non lo dovrebbe mai scordare.

Ma veramente mancano i soldi? Vediamo, con qualche esempio:

• La Giunta Comunale per legge, sin dall’ anno 2001, dovrebbe essere composta da 4 assessori, ma Bettini e ora Oreggio Cattelan ne hanno sempre nominati 6. I due assessori in più comportano un maggior costo di 16.000 Euro all’anno.

• Sempre la Giunta Comunale ha voluto aggregare il Comune di Legnaro all’ULSS di Padova. Solo per il Sociale, dal 2011, il bilancio comunale è stato gravato di un maggior costo di 26.000 Euro all’anno, mentre per i servizi prestati ai cittadini tutto è rimasto come prima.


• In bilancio sono stanziati 100.000 Euro all’anno da spendere per lo sport, si aggiungano altri 100.000 Euro spesi per riparare il campo di calcio di Casone e relativi spogliatoi, una struttura utilizzata da una decina di legnaresi, dove di recente è stato installato un bollitore per l’acqua calda da 2.000 litri di capacità, in funzione 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno: uno sperpero.
Per l’anno in corso sono stanziati altri 100.000 Euro per ampliare lo spogliatoio del campo di calcio in centro paese.

• Di recente la Giunta ha assegnato a fondo perduto ad una associazione locale, per spese minute, 5.000 Euro.

• Vengono spesi 3.000 Euro per pagare uno studio che predisponga i banchi merceologici e di divertimento da collocare in piazza per la sagra e fiera annuale.

• Per attività ricreative e culturali sono stanziati oltre 100.000 Euro.

Ci sono, ancora, lavori-opere inutili fatti e documentati, che costano ai cittadini legnaresi milioni di Euro. Gli sprechi, che definisco soldi bruciati, sono all’ordine di ogni giorno.

Sono solo alcune delle decine e decine di voci di bilancio.
Per me bastava potare equamente e non infierire così pesantemente sul contributo che disturba l’anima socialista della Amministrazione. Se è crisi lo è per tutti.


Nel 2007, in Consiglio Comunale, da consigliere di opposizione, presentai un conto analitico di quanto costa all’Erario un bambino della Scuola Materna Comunale di Volparo e quanto un bimbo della locale Materna paritaria: 7.000 euro il primo e 500 Euro il secondo (come si può notare, in questo caso, il privato conviene economicamente al Comune). Nell’occasione chiedevo ancora una volta, un adeguamento del contributo alla Scuola dell’Infanzia paritaria che, naturalmente, venne bocciato dall’allora Sindaco Bettini e Assessore al bilancio Oreggio Cattelan.

Nel 2007 su Legnaro Notizie, il foglio della locale Amministrazione, titolavo un mio intervento “La Giunta è rossa”; ripeto ora come allora: siamo al socialismo dei municipi.

Ricordo che la Scuola dell’Infanzia parrocchiale di Legnaro è una delle rare scuole certificate ISO 9000, vanta una storia centenaria, un fiore all’occhiello, orgoglio della comunità locale.

Come si vede il problema è politico, i fondi in questo caso sono marginali: si tratta del finanziamento alle scuole private gestite da Enti religiosi.

Prima di settembre si chiede un ripensamento ai Consiglieri Comunali di maggioranza, Sindaco e Giunta; un così importante servizio reso alle famiglie non può funzionare con le sole rette dei genitori.


Legnaro, 23/07/2011 Giovanni Negrato

giovedì 21 luglio 2011

L'autobus n°16 a Legnaro?

Nell'articolo qui sotto, tratto da il "Mattino di Padova", viene riportata la notizia degli imminenti aumenti dei trasporti pubblici. Certamente i consiglieri regionali che guadagnano almeno 9000 euro al mese non hanno problemi a farsi trasportare qua e la a spese dei cittadini. Non parliamo dei deputati e senatori. Ma il mio interesse è caduto più che altro sulle ultime righe dell'articolo dove si dice come comune di Padova e provincia non hanno trovato un accordo per prolungare le corse dell'autobus n°16 fino a Legnaro. Avere un servizio urbano sotto casa potrebbe essere molto interessante per i cittadini legnaresi, non trovate? Ma quale dei nostri amministratori era al corrente di questa trattativa? Quali argomenti hanno addotto per realizzare questa significativa modifica? O come al solito erano allo scuro di tutto?
Si fanno trafiletti sui quotidiani per autocelebrarsi ogni qualvolta di cedono servizi a società esterne o si realizzano servizi minimi, ma nemmeno una parola quando gli interessi sono veramente dei cittadini.



Anche le associazioni dei consumatori bocciano la stangata sui biglietti Aps (da settembre da 1.20 a 1.30 per la corsa urbana e a 1.40 euro la sub-urbana) e della Sita, che rischia di salire di un altro 5%, con gli abbonamenti rincarati del 10%. Domani Roberto Nardo, segretario di Adiconsum-Cisl, incontrerà i colleghi della Federconsumatori Cgil, Adoc ed Acli, per fissare la data della mobilitazione degli utenti dei bus. «Zaia e Chisso vogliono la morte del trasporto pubblico», osserva Nardo. «Se la Regione non assegna 30 milioni di euro, tutte le aziende del settore saranno costrette a portare il biglietto a 1.30 euro. Siamo davanti ad un atto scellerato di follia visto che i salari e le pensioni sono bloccati da cinque anni». Intanto per gli utenti delle corse sub-urbane arrivano altre brutte notizie. Dopo il prolungamento del 13 a Limena, Comune di Padova e Provincia, non sono riusciti a trovare un accordo per prolungare il 10 sino a Rubano, il 16 sino a Legnaro e il 18 sino a Noventa. Giochi fatti solo per prolungare il 7 da Corso Stati Uniti sino a Villatora di Saonara. Nel frattempo i dipendenti Aps hanno approvato in due assemblee, l'ipotesi di accordo sottoscritta tra azienda e sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Ugl ed Usb) per una maggiore produttività del lavoro degli autisti. Da settembre gli autisti lavoreranno 6 ore e 45 minuti per turno, 15 minuti in più al giorno, a parità di stipendio. (f.pa.) 11 luglio 2011

16 saluti Davide

martedì 12 luglio 2011

La questione morale



Il campanello d'allarme che indica l'esistenza di una certa situazione è dato dal fatto che anche cose dovute, come i contributi a sostegno di situazioni di bisogno, vengono fatti passare come favori: gratuità ricevute per l'interessamento di Tizio o Caio e non semplicemente per la oggettiva corrispondenza con una certa previsione legale. Quando la carica politica incrementa i tuoi affari, agisce come volano per le tue commesse private o ti permette di reperire informazioni altrimenti difficilmente reperibili... forse è spesso legale perchè il codice penale non prevede certi comportamenti come reato, ma siamo sicuri che sia sempre morale? Quando il politico interessato dovrà scegliere fra il bene comune e l'interesse privato proprio e di amici, sceglierà il primo o alla meglio cercherà un compromesso?
Berlinguer parlava a proposito dei partiti, oggi la cosa è più sottile specialmente a livello locale. Il partito non ha più la struttura di un tempo, è solamente la bandiera-strumento elettorale per arrivare a occupare la posizione. Oggi, secondo me, è più appropriato parlare di gruppi di potere/interesse o in inglese lobby, ma fatta questa precisazione quanto c'è ancora di vero nelle parole di Berlinguer 30 anni dopo?


Intervista a Enrico Berlinguer

«I partiti sono diventati macchine di potere»

«I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer.
«I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».

Eugenio Scalfari
* * *

La passione è finita?
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...

Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.
È quello che io penso.

Per quale motivo?
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.
E secondo lei non corrisponde alla situazione?

Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.
La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.

Veniamo all'altra mia domanda, se permette, signor Segretario: dovreste aver vinto da un pezzo, se le cose stanno come lei descrive.
In un certo senso, al contrario, può apparire persino straordinario che un partito come il nostro, che va così decisamente contro l'andazzo corrente, conservi tanti consensi e persino li accresca. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito "diverso" dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità.

Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d'infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C'è da averne paura?
Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all'equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?

Veniamo alla seconda diversità.
Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.

Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.
Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa. Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.

Non voi soltanto.
È vero, ma noi soprattutto. E passiamo al terzo punto di diversità. Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?

Non trovo grandi differenze rispetto a quanto può pensare un convinto socialdemocratico europeo. Però a lei sembra un'offesa essere paragonato ad un socialdemocratico.
Bè, una differenza sostanziale esiste. La socialdemocrazia (parlo di quella seria, s'intende) si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l'occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.

Dunque, siete un partito socialista serio...
...nel senso che vogliamo costruire sul serio il socialismo...

Le dispiace, la preoccupa che il PSI lanci segnali verso strati borghesi della società?
No, non mi preoccupa. Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese.

Secondo lei, quel mutamento di metodi e di politica c'è o no?
Francamente, no. Lei forse lo vede? La gente se ne accorge? Vada in giro per la Sicilia, ad esempio: vedrà che in gran parte c'è stato un trasferimento di clientele. Non voglio affermare che sempre e dovunque sia così. Ma affermo che socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e sanza la quale la questione morale resterà del tutto insoluta.

Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semmplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono profare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.

Signor Segretario, in tutto il mondo occidentale si è d'accordo sul fatto che il nemico principale da battere in questo momento sia l'inflazione, e difatti le politiche economiche di tutti i paesi industrializzati puntano a realizzare quell'obiettivo. È anche lei del medesimo parere?
Risponderò nello stesso modo di Mitterand: il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L'inflazione è -se vogliamo- l'altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l'una e contro l'altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l'inflazione si debba pagare il prezzo d'una recessione massiccia e d'una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.

Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell' "austerità". Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito...
Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industializzati -di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell'austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell'economia, ma che l'insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l'avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell'austerità e della contemporanea lotta all'inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.

E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare?
Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.
«La Repubblica», 28 luglio 1981


Saluti Davide

giovedì 7 luglio 2011

I Serenissimi

Sollecitato dal commento un po' esaltato di un lettore del blog ho voluto approfondire il discorso dell'"assoluzione in cassazione" dei così chiamati Serenissimi, che tra l'8 e il 9 maggio 1997 occuparono il campanile di San Marco.
Innanzitutto le sentenze della cassazione sono sentenze particolari e vanno lette per benino prima di ricavare conclusioni generali. Quella in questione dice che 3 componenti su 10 ( fra ideatori, fiancheggiatori ed esecutori) non hanno commesso uno dei reati a loro contestati perchè i mezzi utilizzati non potevano nemmeno potenzialmente raggiungere lo scopo. La cassazione ha senz'altro le sue ragioni. Rimangono le condanne in via definitiva degli altri componenti e per più reati differenti.
Mi piacerebbe intrattenervi spiegandovi come la "secessione " non abbia vie legali di realizzazione, ma solo la via insurrezionale. Mi piacerebbe andare a fondo della questione e valutare il perchè di tanta severità nelle condanne ricordando che i 10 non volevano affatto fare un atto dimostrativo, ma innescare una rivoluzione. Ma non ho tempo.
In merito alla proposta di intitolare una via a Bepin Segato voglio solamente dire che prima di lui c'è un altra personalità (legnarese) misconosciuta, che attende da anni l'intitolazione di una via. Si tratta del legnarese carrettiere, furfante, eroe partigiano Clemente Lampioni: una personalità e una storia degne di un film ( non sto scherzando!).
Appena potrò ve ne parlerò.



«I "tanki" non erano mezzi eversivi»,
i Serenissimi assolti dalla Cassazione
Gli autori dell'assalto al campanile di San Marco il 9 maggio 1997 non erano terroristi «perché gli strumenti usati non erano offensivi». La Suprema corte deposita i motivi della sentenza definitiva


NOTIZIE CORRELATE
Serenissimi, fine a 14 anni di processi La Cassazione rigetta l'ultimo ricorso (17 marzo 2011)
ROMA - I tre ex Serenissimi padovani che la notte tra l'8 e il 9 maggio 1997 organizzarono l'assalto al campanile di San Marco a bordo di due «tanki» (ovvero rudimentali trattori) non erano terroristi o eversori. Lo dice la Cassazione, che, a 14 anni dai fatti, assolve definitivamente dall'accusa di aver costituito una banda armata e l'associazione sovversiva «Veneto Serenissimo Governo» per finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico tre ex Serenissimi padovani: Cristian e Flavio Contin, e Gilberto Buson, già condannati per l'assalto al campanile di San Marco. La Sesta sezione penale - nelle motivazioni depositate con le quali ha boociato il ricorso della Procura veneziana - spiega che legittimamente la Corte d'appello di Venezia, nel marzo 2007, si era pronunciata a favore del terzetto in quanto «l'organismo associativo in questione, pur perseguendo un programma eversivo dell'ordine democratico e pur proponendosi atti di violenza, era tuttavia strumentalmente inidoneo al perseguimento dello scopo eversivo, data l'assoluta carenza di disponibilità strumentali che tale programma potessero attuare». Nulla da eccepire, da parte di piazza Cavour, anche sulla offensività dei mezzi utilizzati per l'assalto, come invece rivendicava la procura veneziana. Sul punto, la Cassazione ha sposato la tesi di merito che aveva fatto notare come i «tanki» non erano altro che «trattori rudimentali», lontani dall'essere ritenuti «mezzi eversivi». (Adnkronos)

mercoledì 6 luglio 2011

TAV

Sono molto impegnato con gli esami e il lavoro, così vi giro questo post sul TAV.
Anche a livello legnarese c'è da chiedersi il perchè di certe opere.


Tratto da www.beppegrillo.it

Al minimo dubbio non c'è alcun dubbio, come disse Robert De Niro in un suo celebre film. E allora, se non esiste UN SOLO motivo per realizzare la TAV in val di Susa, non economico - costerà 22 miliardi a fronte di benefici inesistenti, non ambientale - distruggerà una valle, non per il traffico merci - in continua discesa da 10 anni sulla tratta attuale, ALLORA a cosa serve? Perché le procure non indagano sullo sperpero di soldi pubblici? E' ammissibile che mentre siamo sull'abisso del default e Tremorti vara una manovra da 47 miliardi di tagli e tasse vengano divorati 22 miliardi di euro (NOSTRI cari pennitavvendoli, non della UE) ? Questa mostruosa e improbabile opera dovrebbe finire tra vent'anni, ma cos'è ci state prendendo per il culo e pretendete pure che vi crediamo?
Oggi il professor Marco Ponti, uno dei pochi che si è esposto per i valsusini, ci spiega perché la Tav è inutile. Aspettiamo con ansia la voce dei totem del Paese, da Mario Monti, a Luca Cordero di Montezemolo, a Mario Draghi, sempre assenti, sempre silenti.

Intervista a Marco Ponti, professore Politecnico di Milano

Marco Ponti - Mi chiamo Marco Ponti e sono Professore ordinario di economia dei trasporti al Politecnico di Milano.
Blog - La TAV in Val di Susa è necessaria per i trasporti tra Italia Francia ?
Marco Ponti - Quella linea sembrerebbe non indispensabile, sicuramente avrebbe una priorità molto bassa rispetto a altri interventi perché i costi sono elevatissimi e il traffico, sempre stando alle cifre ufficiali, molto modesto, tra i traffici più modesti di tutti i valichi italiani delle Alpi.
Blog - Quali i costi e quali i benifici di questa opera?
Marco Ponti - I costi previsti ufficialmente sono per tutta la linea, non solo il tunnel di base 22 miliardi di Euro, ma di solito queste previsioni si dimostrano inferiori ai costi reali, il caso dell’alta velocità italiana è costata tre volte tanto quello previsto, i benefici per i passeggeri sono rilevanti, ma in questo caso i passeggeri previsti sono pochissimi, la linea quindi dovrebbe essere essenzialmente per il traffico merci, ma il traffico merci attualmente è di tre milioni di tonnellate all’anno e stava declinando già nei 10 anni passati, è una relazione che sembra avere scarse prospettive di crescita, perché poi avrà anche la concorrenza del nuovo tunnel del Gottardo svizzero che va grossomodo nella stessa direzione, sembra difficile che il traffico saturi la linea esistente, che può portare fino a 20 milioni di tonnellate senza spendere un Euro, è difficile che superi questa soglia.
Blog - Perchè i partiti si sono accaniti su questa opera che molti sostengono sia inutile?
Marco Ponti - C’è una strana storia che tutto quello che è ferrovia merita un sacco di soldi pubblici, invece la strada che porta il 90% delle merci e dei passeggeri e anche dei pendolari, bisogna ricordarsi, sembra vista come il demonio per ragioni di inquinamento ma non ha nessun senso tecnico, neanche dal punto di vista ambientale.
Blog - E' giustificabile questo enorme impatto ambientale?
Marco Ponti - L’impatto ambientale di qualsiasi nuova costruzione è piuttosto elevato, l’opera è molto utile può darsi che i benefici anche ambientali superino le emissioni di cantiere, ma in questo caso, dati i dubbi fortissimi che ci sono sull’utilità dell’opera, c’è anche il rischio che dal punto di vista ambientale lo spostamento di traffico dalla strada alla ferrovia sia molto modesto e quindi i benefici di riduzione di impatto ambientale siano molto modesti. Sono previsti 14 treni al giorno su 250 di nuova capacità, il traffico merci ferroviario è in declino in tutta Europa con poche eccezioni, anche in Francia è in forte declino il traffico ferroviario perché le cose che produciamo non sono beni primari, mattoni o legname o carbone, quelle cose che andavano in treno due secoli fa, oggi produciamo vestiti di Armani e microchips che mettere sul treno è pressoché impossibile, se si vuole aumentare la capacità del sistema ferroviario, ma non ce n'è bisogno, è molto meglio intervenire sulle tecnologie che costano molto meno e riescono a far fronte assai bene a eventuali aumenti di domanda, se gli aumenti di domanda ci saranno, ma finora sono stati quasi da encefalogramma piatto. Devo ricordare che il nodo stradale è supertassato in tutta Europa, mentre il nodo ferroviario è supersussidiato e ciò nonostante il nodo stradale vince, ma perché? Perché la gente è stupida e cattiva? No, perché probabilmente ci sono le ragioni strutturali, per questo, abbiamo stili di vita e tipi di produzioni che non vanno più molto d’accordo con il nodo ferroviario.
Blog - A chi interessa la realizzazione della TAV?
Marco Ponti - Ovviamente gli interessi dei costruttori, ma quelli ci sono sempre e comunque, il problema vero è la disattenzione che c’è per rapporto tra costi e benefici delle opere, soprattutto la priorità, non ne è fatta una ragionevole prioritizzazione delle opere in funzione del rapporto costi – benefici che è l’unico modo con cui si può ragionare seriamente in questi casi.
Blog - Esistono alternative all' Alta Velocità ?
Marco Ponti - Certo, intervenire dove c’è tanta domanda, cioè nelle aree dense, nelle aree metropolitane e nelle aree urbane dove la domanda è tantissima e intervenire con tecnologia e manutenzione per esempio che sono molto più urgenti e molto meno costose. Modernizzare e mettere in sicurezza soprattutto la rete stradale, è il 90% del traffico e continuerà a viaggiare il 90% o l’85 % del traffico nella migliore dei casi, è un mito quello dell’intervento in ferrovia, è costosissimo e porta pochissima merce e in proporzione ai costi ovviamente, che pagano i contribuenti poi, mentre i costi della strada li pagano bene o male chi viaggia. A me dei valsusini non fregherebbe assolutamente niente se l’opera fosse utile, ma siccome l’opera probabilmente è inutile, in questo caso hanno ragione, se l’opera fosse utile dovrebbero starsene zitti e vendere le loro compensazioni se fosse utile al Paese, ma ci sono fortissimi dubbi che questa opera sia utile al Paese e questi dubbi sono molto generalizzati, molto di più di quanto si pensa.



Saluti Davide

venerdì 1 luglio 2011

OKKIO al telelaser

Quando chiedi al consiglio comunale di indirizzare il lavoro della polizia comunale verso il controllo del territorio ( parco Cavour di sera...) e l'amministrazione ti vota contro c'è sempre un buon motivo!
OKKIO al telelaser: un nuovo strumento per far pagare le tasse ai legnaresi! Se veramente fosse a cuore la sicurezza in via Ardoneghe si sarebbe potuto mettere un cartello luminoso dissuasore che indica la velocità del veicolo e i punti in meno sulla patente, o in extremis una colonnina autovelox fissa. Ma casualmente la scelta è caduta sul telelaser.
E intanto ogni anno l'avanzo di bilancio (soldi non spesi!!) aumenta!

Dal Mattino di Padova del 24 giugno 2011

LEGNARO. Sulle strade di Legnaro arriva il telelaser. Grazie all'apparecchio di ultima generazione, dotato di un puntatore laser mobile, sarà possibile individuare e sanzionare automobilisti e motociclisti che non rispettano i limiti di velocità. Il raggio laser viene puntato sul veicolo in avvicinamento, ne rileva la velocità che appare sul display e nel caso di infrazione la violazione viene contestata immediatamente. «Non si tratta di una manovra per fare cassa - assicura l'assessore alla Viabilità Mario Callegaro - si tratta piuttosto di una misura che adottiamo per far rispettare le regole e per prevenire gli incidenti andando incontro alle esigenze dei cittadini che chiedono strade più sicure. I dissuasori di velocità come i dossi artificiali - spiega l'assessore - hanno un utilizzo limitato: non possono essere montati lungo le strade che costituiscono corsie preferenziali per i veicoli di soccorso e pronto intervento e il loro uso viene sconsigliato in quanto possono provocare rumori, vibrazioni e danni ai veicoli se presi a grande velocità». Sorvegliate speciali saranno via Ardoneghe, via Vescovo, via IV Novembre e via Vittorio Emanuele. Ma non saranno le sole arterie a essere messe sotto esame. I controlli interesseranno tutto il territorio, soprattutto le strade oggetto di segnalazioni da parte dei cittadini. Il dispositivo, costo complessivo di 12 mila 332 euro, verrà impiegato anche per i rilievi topografici e in particolare in occasione di incidenti stradali e controlli edilizi.



Saluti Davide