venerdì 21 maggio 2010

Decrescita Felice: soluzione anti crisi.

Come sempre ci sono più strade percorribili, quella della decrescita felice è quella che mi convince di più.

Tratto dallo statuto tipo proposto per la fondazione di un circolo terrisoriale del movimento per la decrescita felice. (www.decrescitafelice.it)

Principi della Decrescita Felice

a) L’Associazione si riconosce nei principi della Decrescita Felice.
La Decrescita Felice è la proposta di un nuovo paradigma culturale avente come scopo quello del miglioramento della qualità della vita umana attraverso la riduzione di fenomeni quali (a titolo esemplificativo e non esaustivo):

- lo sfruttamento delle risorse naturali;
- gli sprechi, le inefficienze e gli usi impropri di energia;
- la produzione di merci;
- la mercificazione dei beni;
- la produzione dei rifiuti;
- la specializzazione e la frammentazione del lavoro ed in genere delle attività umane;
- il tempo dedicato al lavoro retribuito;
- il ruolo dei soggetti economici nella vita e nelle decisioni delle comunità;
- la separazione della cultura del come (”tecnico-scientifica”) da quella del perchè (”umanistica”);
- la mercificazione delle idee e dei saperi;
- l’impatto ambientale dell’agire umano;
b) La Decrescita Felice, inoltre, punta all’incremento di fenomeni quali (a titolo esemplificativo e non esaustivo):
- l’autoproduzione e lo scambio non commerciale di beni e servizi;
- il ruolo sussidiario della produzione e dello scambio mercantili, quale strumento di soddisfacimento dei bisogni dell’uomo, rispetto ad altre forme di organizzazione della vita delle comunità;
- la produzione ed il consumo di alimenti biologici;
- le filiere di produzione e di distribuzione corte e gli acquisti collettivi;
- la libera circolazione delle idee e dei saperi;
- l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili;
- la tutela delle diversità (biologiche, culturali, ecc…);
- l’uso di tecnologie e sistemi produttivi che ottimizzano
- l’utilizzo delle risorse naturali ed energetiche;
- la durata della vita utile delle merci;
- le tecniche e i saperi artigianali;
- la finanza etica e l’economia no-profit;
- la responsabilizzazione dei soggetti economici rispetto alla produzione di esternalità negative;
- l’imprenditorialità attenta alla crescita umana di coloro che lavorano nell’impresa e dei fruitori dei prodotti che l’impresa produce;
- l’accesso al lavoro, alla vita sociale, alla fruizione di strumenti o servizi da parte di coloro che oggi il mercato esclude;
- la partecipazione, la convivialità, la fiducia reciproca dell’agire umano nelle comunità di appartenenza;
- la solidarietà tra i popoli e tra le persone per la costruzione di rapporti basati sul rispetto della persona;
- la trasmissione dei saperi e il confronto fra le generazioni;
- il ruolo della famiglia, comunque composta, come nucleo di base della comunità e luogo naturale di apprendimento dei valori non utilitaristici cui la stessa etimologia del termine (comunità = “cum munus” - “condono”) fa riferimento;
- le comunità locali con economie autocentrate“

Saluti Davide

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