martedì 17 giugno 2008

Ma l'Africa dov'è?




Quello che sto per scrivere non è a proposito di Legnaro, ma a volte bisogna partire da distante.  Come ha fatto Fatima, assieme alla sua famiglia che dal Marocco è venuta fino a qui. Tutti con permesso di soggiorno, figli a scuola e tasse pagate: lavorano e sognano di tornare al loro paese con due soldi per aprire un'attività economica. I figli sognano meno e l'attività economica la vorrebbero aprire qui. 
Sono le 4 del mattino e Fatima si sta preparando per andare a lavorare. Ha 24 anni, marocchina , due figli piccoli. E' bella anche se le borse sotto gli occhi sottolineano la sua interminabile fatica. Per le 5,30 deve trovarsi  al centro di differenziazione dei rifiuti a pochi chilometri da Legnaro: è li che si guadagnerà la giornata. Ora che Fatima ha timbrato il cartellino (da meno di un mese sono stati messi in regola) non è più da sola, altre 19 donne, tutte marocchine, due connazionali maschi, popolano le cabine dove scorre il nastro con sopra rifiuti.
Ognuna di loro deve individuare un tipo di materiale ( per esempio le bottiglie di plastica bianche dell'acqua o quelle del detersivo in gergo le chiamano tutte "svelto") prenderlo e farlo cadere dentro un tubo posizionato nei pressi della postazione in piedi. La rapidità dei movimenti è l'unica cosa che salta all'occhio, poi inevitabilmente si pensa come sia possibile arrivare a fare otto ore con quei ritmi, praticamente in silenzio, sorvegliati e continuamente passibili di sgridi e urli. Mi si dice che in otto ore ci si ferma solo per due volte da 15 minuti l'una. 
Il nastro scorre veloce e se quello che rimane alla fine non è della qualità giusta lo rispediscono in dietro addebitando i costi, se quello che viene selezionato dalle donne non è composto come prescritto, lo rispediscono indietro addebitando i costi. Intendiamoci bene, le donne non devono pagare nulla di tasca loro, il loro rischio maggiore è quello di essere lasciate a casa, magari per un giorno o due, senza paga: giusto per capire quanto sia importante lavorare a certi ritmi, a certe velocità, con una determinata qualità.
Se fra le bottiglie di plastica scorre una borsetta falsoprada, non si può metterla da parte per vedere a fine turno se possa ancora andare bene: si chiama furto, ma più propriamente quello che interessa è il tempo che si impiega per mettere via l'oggetto. Infatti in quell'istante una parte di nastro non ha ricevuto l'attenzione che meritava e il materiale non è stato differenziato come dovuto.
Certo non siamo ai livelli di schiavismo. 
Risultato: minaccia di licenziamento.

8 ore al giorno, 6 (dico 6) giorni alla settimana, 3 settimane di ferie all'anno e l'ambiente come sopra. Per quanti soldi lo fareste? Per decenza non vi dico per quanto lo fanno loro.
Non idignatevi però, se potete acquistare l'acqua in bottiglia di plastica, se il pollo al supermercato è conservato su una igienica confezione di polistirolo... lo dobbiamo al fatto che esistono posti come questo centro . Migliorare le condizioni lavorative di queste persone significa aumentare i costi e di conseguenza per il consumatore pagare di più per lo stesso prodotto, anche l'imprenditore  titolare dell'impianto smetterebbe di guadagnare. Non ultimo il punto di vista delle donne marocchine: a fronte di un costo maggiore della manodopera si attiverebbero più speditamente i processi di diminuzione dei rifiuti: se l'acqua costasse il doppio probabilmente ci sarebbe più gente che si accontenterebbe di quella del rubinetto. Ma così facendo non ci sarebbe più bisogno di tutte e 20 le operaie: quelle escluse dal processo produttivo cosa farebbero? Con quali soldi manterrebbero le loro famiglie?
Detto questo si potrebbe pensare a un aumento di produzione e con il maggior guadagno aumentare la qualità di vita delle donne marocchine in questione, ma si creerebbero più rifiuti, si dovrebbero assumere più donne e alla fine non si potrebbe migliorare le loro condizioni senza un conseguente aumento dei costi e la relativa diminuzione di consumo. Che situazione ingarbugliata!!!! Un'idea su una possibile soluzione io ce l'ho, ma mi piacerebbe prima sentire le vostre opinioni.
In fine la domanda: ma dov'è l'Africa? Quanti chilometri bisogna fare per mangiare il cous cous? 
Ciao Davide

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